FAQ – Domande frequenti

Che cos'è l'OPAR, Orientale Open Archive?

L'OPAR, L'Orientale Open Archive, è l'archivio digitale istituzionale dell'Università degli Studi di Napoli “L'Orientale”, realizzato in linea con le nuove politiche di diffusione del sapere promosse nell'ambito dell'iniziativa Open Access e stabilite dalla CRUI nella Dichiarazione di Messina del 2004.

L'archivio utilizza la piattaforma EPrints 3 – software libero, open source, implementato dalla Southampton University – e il protocollo di raccolta metadata OAI 2.0.

L'OPAR, L'Orientale Open Archive, è un archivio digitale istituzionale in cui viene conservata e resa accessibile la produzione scientifica dell'ateneo. E' possibile ricercare e consultare liberamente i documenti contenuti nell'archivio: articoli, materiali didattici, rapporti, tesi dottorali, working papers e preprint, contributi già pubblicati su riviste, interventi a convegni e conferenze, e altro ancora.

"Il deposito dei documenti nell'OPAR – definito auto-archiviazione – è riservato a dottorandi, assegnisti, ricercatori e docenti dell’Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Per depositare i documenti, bisogna effettuare una registrazione semplice e gratuita."

Per maggiori informazioni sulle procedure di registrazione e di deposito documenti, consultare la Guida all'uso.

L'auto-archiviazione dei propri documenti in un archivio aperto permette di aumentare la visibilità e la diffusione della ricerca e massimizzare il suo impatto sulla comunità scientifica, favorendo così non solo l'autore, ma anche l'Ateneo, in termini di prestigio.

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Che cos'è l'Open Access?

L'Open Access (OA) – Accesso Aperto – viene definito come l'accesso libero alla ricerca scientifica, resa disponibile online immediatamente e in modo permanente.

Negli ultimi quindici anni, il movimento Open Access – grazie alle tecnologie offerte dalla rete – ha cercato di rivoluzionare i tradizionali modelli di diffusione del sapere e della conoscenza, incoraggiando la condivisione dei risultati della ricerca su scala globale. Grazie alla cooperazione in ambito accademico, è stato possibile sviluppare nuove strategie per la diffusione del sapere e della letteratura scientifica, realizzate secondo il modello Open Access.

Il movimento l'Open Access si articola in due correnti principali, definite rispettivamente la “via d'oro” e la “via verde”.

La prima – open access publishing – promuove la diffusione della conoscenza assicurando il libero accesso alla letteratura scientifica sottoposta a peer-review, dal momento della pubblicazione sulle riviste online.

La seconda – open access self-archiving – offre agli autori la possibilità di rendere accessibile la propria produzione scientifica tramite l'auto-archiviazione del materiale negli archivi istituzionali.

Per ulteriori informazioni, consultare i seguenti siti:

http://www.soros.org/openaccess – Budapest Open Access Initiative

http://www.eua.be/eua-work-and-policy-area/research-and-innovation/open-access/ - European University Association e Open Access

http://www.earlham.edu/~peters/fos/overview.htm – Open Access Overview

http://oa.mpg.de/openaccess-berlin/berlindeclaration.html – Berlin Declaration, Open Access Conference

http://www.openstarts.units.it/LineeGuidaArchiviIstituzionali.pdf – CRUI and Open Access

Definizione di Open Access: «completely free and unrestricted access to [peer-reviewed journal literature] by all scientists, scholars, teachers, students, and other curious minds. Removing access barriers to this literature will accelerate research, enrich education, share the learning of the rich with the poor and the poor with the rich, make this literature as useful as it can be, and lay the foundation for uniting humanity in a common intellectual conversation and quest for knowledge»,

Budapest Open Access Initiative, 14 Febbraio 2002, Budapest – Hungary www.soros.org/openaccess/read.shtml

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Che cos'è un Open Archive?

L'Open Archive è un archivio aperto in cui vengono raccolti i documenti digitali. Il comune protocollo OAI assicura l'interoperabilità tra i vari archivi, e in questo modo le informazioni relative ad ogni documento possono essere raccolte in archivi “virtuali” più grandi (come OAIster in cui è facile navigare e effettuare ricerche).

L'archivio digitale diventa, così, uno strumento unico e strategico per diffondere la ricerca scientifica dell'istituzione, massimizzandone la visibilità e l'impatto nei confronti della comunità accademica internazionale.

Le tesi di dottorato, che sono considerate come prodotti di ricerca a tutti gli effetti, fanno parte di quei documenti che – secondo la Dichiarazione di Berlino e le recenti raccomandazioni della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane – devono essere resi pubblicamente accessibili. L'istituzione di un archivio, quindi, assicura l'applicazione delle recenti direttive europee, garantendo la massima visibilità e accessibilità alla produzione scientifica e di ricerca dell'ateneo.

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Che cos'è l'Open Archive Initiative (OAI)?

L'Open Archive Initiative promuove e sviluppa standard di interoperabilità con lo scopo di favorire la diffusione del sapere.

L'Open Archives Initiative (OAI) ha sviluppato un protocollo standard per la raccolta dei dati – metadata – relativi ad ogni singolo documento (ad esempio, “data”, “autore”, “titolo”, “rivista”, ecc.).

In questo modo, anche se i documenti si trovano in archivi e formati formati differenti, l'utilizzo del protocollo comune assicura la loro interoperabilità e rende possibile la ricerca e il recupero dei documenti proprio come se fossero contenuti in un unico archivio globale, accessibile a tutti.

Grazie al comune protocollo, tutti i documenti contenuti negli archivi che aderiscono all'OAI rispondono a criteri di interoperabilità.

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Che cos'è il protocollo per la raccolta metadata OAI?

Il protocollo per OAI-PMH è un protocollo standard, sviluppato nell'ambito dell'Open Archive Initiative, che permette di migliorare la raccolta delle informazioni – metadata – relative ai documenti contenuti negli archivi di tutto il mondo.

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Che cos'è l'auto-archiviazione?

Il processo di auto-archiviazione consiste nel deposito di documenti digitali negli archivi online. Lo scopo dell'auto-archiviazione – self-archiving – è quello di rendere la produzione scientifica istituzionale visibile, accessibile e ricercabile in rete da chiunque possegga un collegamento Internet.

Favorire l'accesso pubblico alla ricerca scientifica online significa aumentarne la visibilità e l'impatto; in questo modo, è possibile favorire ricercatori e istituzioni, in termini di prestigio, e incoraggiare la diffusione e il progresso della ricerca scientifica su scala globale.

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Perché scegliere l'auto-archiviazione?

L'auto-archiviazione della propria produzione scientifica ne aumenta la visibilità e l'accessibilità, e quindi massimizza l'impatto del proprio lavoro sulla comunità scientifica internazionale. La semplice pubblicazione assicura un impatto minimo, mentre associata all'auto-archiviazione può assicurare il massimo impatto possibile.

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Quali documenti è possibile auto-archiviare?

E' possibile depositare qualsiasi tipo di documento tecnico e scientifico, pubblicato oppure inedito, per scopi divulgativi e didattici: articoli (in versione preprint, oppure già pubblicati e quindi in versione postprint), working papers, contributi a convegni oppure contenuti in un libro, rapporti tecnici, materiali didattici, tesi, e altro.

Inoltre, è possibile depositare nell'archivio i documenti relativi alle varie fasi di un lavoro – elaborazione, stesura, pubblicazione, e successivi aggiornamenti di un documento (sia in versione preprint che postprint, quindi prima e dopo l'eventuale pubblicazione). Il protocollo OAI assicura la conservazione delle tracce di tutte le versioni del documento.

(Nel caso di postprint, la versione depositata non deve essere necessariamente quella ufficiale, di proprietà dell'editore, ma deve essere sempre indicata tramite il relativo collegamento per scopi didattici.)

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L'auto-archiviazione equivale ad una pubblicazione?

L'auto-archiviazione non è una pubblicazione a tutti gli effetti.

Per questioni di proprietà intellettuale e copyright, tutto ciò che viene reso pubblico, persino su un singolo foglio di carta, è per definizione giuridica una pubblicazione – e quindi anche l'auto-archiviazione è una forma di pubblicazione.

In realtà, però, in ambito accademico, soltanto il materiale pubblicato su riviste scientifiche che assicurano la peer review – revisione dei pari – conta come pubblicazione scientifica.

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L'auto-archiviazione e il copyright.

L'autore detiene i diritti d'autore sulla versione preprint depositata, che può essere archiviata senza il bisogno di ulteriori autorizzazioni.

Attualmente, il 97% degli editori assicura ai propri autori l'auto-archiviazione del materiale già pubblicato (postprint).

In caso contrario, per il restante 3% degli editori, l'autore può modificare il proprio contratto e chiedere esplicitamente di mantenere per sé il diritto di auto-archiviazione delle versioni postprint. Se non fosse possibile, l'autore può aggiungere un collegamento alla versione preprint già depositata oppure un file - corrigenda - in cui è possibile descrivere le modifiche che bisogna apportare per rendere la versione preprint (non ancora sottoposta a revisione) conforme alla versione definitiva postprint.

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L'auto-archiviazione è legale?

L'autore detiene la proprietà intellettuale e tutti i diritti sui testi che scrive, ed è libero di regalare oppure vendere copie cartacee oppure elettroniche – ad esempio tramite l'auto-archiviazione – in base a ciò che ritiene opportuno. La versione preprint non ancora sottoposta a revisione può essere auto-archiviata in qualsiasi momento, ed il processo è completamente legale.

L'auto-archiviazione di un documento originale – e non imputabile di plagio – la cui proprietà intellettuale è dell'autore, è legale in tutti i casi tranne due singole eccezioni.

1) L'autore non è libero di auto-archiviare il proprio lavoro nei casi in cui esista un contratto esclusivo di copyright con l'editore che assicura a quest'ultimo tutti i diritti sull'opera, fatta eccezione per la proprietà intellettuale. Nei cosiddetti “work for hire”, l'autore cede tutti i diritti di utilizzo dell'opera a coloro che ne assicurano la pubblicazione.

2) Nel caso in cui, con un contratto esclusivo di copyright, l'autore abbia ceduto all'editore i diritti di utilizzo di una versione non definitiva del lavoro – draft – sottoposta a revisione e accettata per la pubblicazione, questa versione non può essere auto-archiviata senza l'autorizzazione dell'editore.

La versione preprint, in ogni caso, può essere stata già auto-archiviata legalmente prima di essere sottoposta all'editore e alla revisione dei pari, perché durante questa fase del lavoro, non esistendo ancora nessun contratto, l'autore detiene tutti i diritti sulla propria opera.

Nel caso in cui l'autore non abbia la possibilità di auto-archiviare la versione definitiva di un testo, è possibile aggiungere un collegamento alla versione preprint già depositata, oppure un file corrigenda in cui siano elencate le modifiche da apportare per rendere la versione preprint, non ancora sottoposta a revisione, conforme alla versione definitiva postprint.

E' possibile consultare un elenco degli editori e delle politiche adottate in materia di auto-archiviazione sul sito Directory of Journal Self-Archiving Policies. Il 90% delle riviste adottano la “via verde” (ad esempio, assicurano già ai propri autori la possibilità di auto-archiviare i documenti: il 62% per le versioni postprint, e il 29% per le versioni preprint). Rispetto al restante 9%, la maggior parte degli editori, in ogni caso, autorizza gli autori che presentano esplicita richiesta.

Forse il modo migliore per agire, in questi casi, è di seguire la strategia adottata da numerosi scienziati nel 1991, e praticata ancor prima dagli studiosi di informatica: “don't-ask/don't-tell”. Basta semplicemente auto-archiviare le versioni preprint e postprint del proprio lavoro, e aspettare – eventualmente – che l'editore ne richieda la cancellazione.

Dopo quasi quindici anni, e almeno un milione e mezzo di documenti archiviati dagli studiosi di scienze ed informatica di tutto il mondo, soltanto pochi documenti sono stati rimossi in seguito alle richieste da parte degli editori. Inaspettatamente, oggi la maggior parte delle riviste di scienze e informatica ha adottato la “via verde” in risposta alle nuove esigenze della comunità scientifica: condividere e assicurare la massima diffusione ai risultati della ricerca tramite l'open access e l'auto-archiviazione del proprio lavoro. Inoltre, i ricercatori che durante questi ultimi quindici anni non hanno adottato questa strategia hanno perso la possibilità di dare alla propria ricerca scientifica un maggiore impatto e la giusta visibilità in ambito internazionale.

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Che cosa fare se un editore proibisce l'auto-archiviazione?

Il diritto di auto-archiviazione delle versioni pubblicate e sottoposte a revisione dei pari – postprint – è un diritto giuridico, perché il copyright e il trasferimento dei diritti di utilizzo sono determinati dal contratto stipulato tra l'autore e l'editore. Ma le versioni preprint, non ancora sottoposte a revisione, possono essere depositate proprio perché – prima della stipula di un qualsiasi contratto – l'autore detiene il diritto esclusivo sulla bozza o versione non definitiva dell'opera.

Il divieto di auto-archiviazione di un documento preprint, quindi, non è una questione legale ma un problema di politica dell'editore. Può diventare una questione legale nel caso in cui l'autore abbia stipulato un contratto in cui è esplicitamente stabilito che, in precedenza, il documento non deve essere mai stato auto-archiviato in versione preprint. L’autore, in ogni caso, ha il diritto di rifiutare una simile richiesta e può richiedere la modifica del contratto.

Questo particolare tipo di politica prende il nome di “Ingelfinger Rule”, dal nome dell'editore del New England Journal of Medicine (NEJM), Franz Ingelfinger. L'Ingelfinger Rule – definita anche come pre-publication embargo – non è una questione legale, ma una semplice questione di politica adottata dall'editore: “Non verranno prese in considerazione per l'eventuale pubblicazione le versioni preprint precedentemente auto-archiviate”.

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L'auto-archiviazione e il plagio

L'ipotesi del plagio della propria produzione scientifica è una questione di probabilità. Certo, “E' più facile rubare una versione digitale di un autore, piuttosto che una versione cartacea, e pubblicarla come fosse propria”, tuttavia, è anche molto più semplice rintracciare i “ladri” in rete; così come è possibile farlo – plagiare e poi rintracciare l'autore del “furto” – anche nel caso di un testo cartaceo.

Non bisogna dimenticare, però, che l'autore detiene tutti i diritti sulla versione preprint, che può essere auto-archiviata legalmente, certificando in questo modo la propria proprietà intellettuale dell'opera.

Fonti: EPrints Software - http://www.eprints.org

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